Geopolitica del XXI secolo by Carlo Jean;

Geopolitica del XXI secolo by Carlo Jean;

autore:Carlo Jean; [Jean, C.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: eBook Laterza
ISBN: 9788858118221
editore: edigita
pubblicato: 2004-11-14T23:00:00+00:00


9. I confini orientali dell’Europa

Per quanto riguarda i confini orientali dell’Europa, la questione è aperta. Mentre non c’è dubbio che i Balcani, non solo orientali, ma anche occidentali, la Turchia e la Moldavia, perduta la Transnistria, entreranno a far parte dell’Europa, il problema si pone per i rapporti dell’Unione con la Bielorussia e l’Ucraina, da un lato, la Federazione Russa, dall’altro e, infine, con le tre repubbliche transcaucasiche.

I rapporti fra la Russia e l’Unione determineranno quelli di quest’ultima con gli altri paesi. La questione non dipende tanto dal fatto che Putin, oltre che un modernizzatore, sia o meno un europeista convinto. Il tipo e livello d’integrazione della Russia negli spazi comuni economici e di sicurezza europei dipende innanzitutto dalla Russia, cioè dalla sua capacità di adottare riforme che la rendano compatibile con gli standard europei. Dopo gli allargamenti del 2004 e del 2007, il 60% del commercio russo avrà luogo con l’Unione. L’Europa occidentale soddisfa una percentuale crescente delle proprie esigenze energetiche con importazioni dalla Russia. Una progressiva apertura a ovest consoliderebbe la stabilità interna russa e, a lungo andare, anche il suo livello di democrazia. Ma tale processo non è senza difficoltà. Molte forze politiche a Mosca hanno la percezione che l’allargamento a est dell’Unione cacci la Russia dall’Europa centrale. Comunque sia un ruolo particolare può giocare per la democratizzazione della Russia l’esperienza italiana dei distretti industriali.

La costituzione di una rete di piccole e medie imprese – beninteso adattata alla cultura e alle strutture sociali russe – potrebbe contribuire alla formazione in Russia di una classe media, oggi rappresentata solo nelle burocrazie statali e regionali, o nei quadri tecnici delle grandi imprese, prima statali e ora in mano agli «oligarchi», veri e propri «boiardi» del regime.

L’Europa ha poi tutto l’interesse a non lasciar decadere il tuttora eccellente livello scientifico e tecnologico esistente in Russia e a intensificare i suoi sforzi per la messa in sicurezza dell’enorme arsenale, soprattutto quello nucleare e chimico, che la Russia ha ereditato dall’Unione Sovietica. Il rischio per l’Europa non riguarda solo la proliferazione, ma la possibilità di vere e proprie catastrofi ecologiche, causate dalle inadeguate misure di sicurezza anche delle centrali nucleari russe. Il miglioramento delle condizioni ecologiche provocherebbe quello della situazione sanitaria, quindi dell’economia e della stabilità dell’immensa Federazione, che nel 2004 condividerà confini comuni con l’UE. È una vergogna che i ricchi paesi europei abbiano lasciato nelle mani degli Stati Uniti la gestione di questi problemi. Negli anni Novanta i contribuenti americani hanno pagato ben 9 miliardi di dollari per la Cooperative Threat Reduction Initiative, mentre gli europei hanno complessivamente investito nei programmi del settore solo 300 milioni di dollari.

Ma c’è un altro aspetto che l’UE non dovrebbe trascurare: concorrere alla riforma delle forze armate russe e, in particolare, promuovere collaborazioni nel campo dell’industria degli armamenti. Le forze russe già collaborano con quelle europee nei Balcani. Un’associazione più stretta potrebbe rafforzare la PESD, soprattutto in vista di un’ormai inevitabile divisione – geografica e funzionale – dei ruoli nell’ambito della NATO fra l’Europa



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